La verità sorprende.

Casadonna Reale

La porta è piccola, di legno e aperta per me.

Ci arrivo come fossero gli ultimi metri di una maratona, con l’ossigeno giusto per pochi passi misurati. Grazie a Dio ce l’ho fatta e me la gusto. Mentre scodinzolo felice per togliermi la neve di dosso, gli occhi cercano il fuoco del camino che sento vicino.

Casadonna per questa notte sarà un caldo rifugio per due viandanti in cerca di vita e libertà.

Qui trovo calma e pace, il rumore è della neve che non si stanca e la luce è quella che serve per esserci senza pensarci troppo. Una sospensione del tempo ed i battiti si sentono a casa finalmente.

Intorno a me riconosco il legno di alberi che c’erano e ci saranno sempre, accarezzo un bianco semplice e vigoroso del lino di qua della neve. E’ vita senza fronzoli, vera. C’è tutto quello che rimane quando togli giri di parole, finzione. C’è solo la materia così come vuole essere. Non ci sono promesse o artifizi ma solo verità.

Penso allora che c’è tutto quello serve per la felicità di oggi.

La cucina del Reale è quanto di più vero abbia mai conosciuto. Ti siedi e non devi sentirti le favole di nessuno, ma è la materia che rivendica se stessa e tu sei lì per questo.  E’ un patto che si chiama “ESSENZA” e ti lega alla sedia con sette portate. Niko Romito è il sacerdote di questo legame di verità. Non si esce mai da questo sentiero, si sale a poco a poco fino a dove non ero mai stata. Io un carciofo così non lo avevo mai mangiato, proprio mai.

E’ lì, glorioso nella sua solitudine ed io mi avvicino piano piano con tutte le difese azzerate. I secondi prima della resa finale sono pochi ma pesano tanto; vedo mani che scrivono di notte, cancellano e poi si muovono senza sosta fino a che quel fiore difficile possa presentarsi a me solo e finalmente semplice. E all’improvviso tutto ha senso, capisco il perché e apprezzo il bisogno di togliere per aggiungere. In fondo arrivano anche un’acciuga e della liquirizia anche se nel piatto non ci sono. 

Il carciofo

Un gin tonic mi accompagna sornione ad ogni morso di questo carciofo laccato che ricorda il primo bacio, quello vero. Dolce che rimane appiccicoso al cuore e riscalda la lingua che ne chiederebbe ancora e ancora.

Passi leggeri girano velocemente intorno a me e mi riportano sulla mia strada. Ero arrivata ai capellini, sono laccati ai porri. Li guardo, cercando di capire, provando ad immaginare cosa aspettarmi ma vengo invitata ad approfittare del calore, senza indugi. Ed è subito dolcezza. Miele in punta di labbra, rotondo in un modo che gli occhi non potevano intendere.

Ora sono nel caos. Ho i neuroni in pappa, ma le papille… cavoli, loro sì che sono in festa!

Cappelini laccati ai porri

Non potevo vedere la complessità celata da questi capellini. Beffardi erano lì, mi guardavano come a sfidarmi con la consapevolezza che tanto alla fine vinceranno sempre loro. Non ci sono armi di fronte alla materia originale che, forte della sua linfa, si fa dolce e veste gli spaghettini come un caramello impossibile da pensare.

Alzo gli occhi, leggo “deja vu”. Sì, nei miei sogni.

Mentre la “scarpetta” è uno schiaffo di realtà e di umami. L’avevo scelta fuori menu per gola, semplicemente. Patè di agnello e Montepulciano nel mitico pane del Reale. Praticamente poco più di un boccone, sembra l’ultimo di una pentola che ha bollito e ribollito e pulisce tutto il fondo più denso e saporito che c’è. Un concentrato di Abruzzo  primordiale che meriterebbe le mani al posto delle posate. Salivazione a palla e incredulità.

Scarpetta, patè d’agnello e montepulciano

In questo sentiero di verità mi sono sorpresa, ricreduta e commossa. In vetta trovo i profumi del tartufo bianco, ospite inatteso del fine corsa. Cachi, cremoso alle castagne profumato all’alloro esplodono di gioia con la complicità di qualche sapido granello di sale lasciato cadere con astuzia e briciole croccanti di arancio. Wow! Il cucchiaio affonda prima piano dall’alto in basso e poi, capita la meraviglia, torna avido sui suoi passi. Alla fine la felicità è una cosa semplice, anzi apparentemente semplice.

Quando riprendo il contatto con la realtà mi ritrovo in cucina, sì proprio quella dello Chef. Non so dove guardare prima, vorrei imprimere tutto nella memoria ma tanto lo so che non potrò dimenticare. Così come non dimenticherò quegli occhi grandi e sinceri che con generosità si sono raccontati con trasparenza come amici al pub. Un posto fisso nel cuore poi è per il PANE. Regalare pane è un atto d’amore sincero.

A Castel di Sangro, in un ex convento di clausura, forse ho peccato ma domani non mi confesserò, proprio no.

CASADONNA REALE, Contrada Santa Liberata, 67031 Castel di Sangro AQ (MAI SEGUIRE GOOGLE MAPS!)

Menu degustazione da 170€ con proposta di vini in abbinamento (70€).

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