
Davanti al mare, il tavolino che balla e una penna che scorre bene sul foglio. Sì scorre, ma non è proprio come la vorrei, fa una certa opposizione ma la punta è tonda e consistente e l’impugnatura è ben salda. Così inizio.
C’è stato un passato in cui ho comprato sempre la stessa penna, per anni sempre e solo lei. Fluida, con la punta ben affilata, andava via quasi da sola ed era uno spettacolo stare a leggere le sue parole. Avevo un certo orgoglio nell’arrivare fino alla fine dell’inchiostro, sapere di aver scritto tutto il possibile era una soddisfazione. Poi sarei tornata al negozio per scegliere tra le tante penne, provarne di nuove per capire che non era necessario cambiare.
E’ successo così che ho scritto molto.
Mi piace rileggere le parole che rimangono impresse negli fogli ancora nuovi. E’ un po’ come sapere sempre da dove ripartire, dove ero arrivata l’ultima volta, è la mia memoria.
Sono una persona da righe e quaderni che sono un po’ una via di mezzo, odio i quaderni piccoli almeno quanto i “quadernoni”, così ostili.
La carta poi è una cosa seria. Il foglio si deve sentire scorrere sotto al polso che si muove da sinistra a destra e poi ritorna. Girare pagina richiede un rumore preciso e va sempre accompagnato con il pollice opposto al dito medio, solo così ha tutto più senso.
Quanto al colore della carta sono piuttosto aperta. Dei quaderni hanno pagine di un lilla spoglio con la linea a sinistra rossa, quasi rosa. Altri un giallo legal. Bisogna solo provare.
Adoro le pagine con la linea verticale a sinistra. Io che non so stare dentro agli spazi degli altri, ho un certo piacere nell’iniziare a scrivere ad un paio di centimetri dall’avvio del foglio. Trovo sia così irrispettoso e quasi volgare mettere le proprie parole così in bilico sulla carta o troppo vicino alla rilegatura. Mi piacciono i quaderni cuciti, penso sia una bellissima cosa mettere ago e filo sulla carta. Ammetto però di aver avuto tante belle storie anche con la spirarle ad anelli, di metallo mai verniciato.
Odio invece con tutta me stessa due cose. La rilegatura nel lato corto e ancora di più i blocchi a strappo. Orribili, ho i brividi solo a pensarci. Eppure per tanti anni della me piccola erano l’unica cosa che potevi trovare nei supermercati il giovedì pomeriggio. Questo era il giorno della spesa, quello di turno del negozio dove mia mamma si rovinava le ossa e io ero felice di essere con lei in quella che era poco più di una piccola bottega di provincia.
Renato aveva i migliori panini all’olio e per 500 lire li gonfiava di amore e prosciutto cotto, sempre “tagliato fine, mi raccomando”.

Oggi è sabato. Oggi il panino ha anche cime di rapa al basilico e una burratina che mamma mia quanto è buona con il prosciutto cotto.
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